Partire per crescere, tornare per innovare

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Sempre più spesso i giovani professionisti italiani guardano all’estero come a un’opportunità per formarsi, crescere e confrontarsi con contesti dinamici e multiculturali. Tuttavia, esistono storie che raccontano il valore del ritorno: rientrare in Italia non significa rinunciare a una visione internazionale, ma può essere il primo passo per contribuire attivamente all’innovazione del proprio territorio.

Angela D’Ambrosio, oggi Lead Business Analyst in EMM Systems, ha vissuto un percorso che abbraccia mondi diversi: dagli Stati Uniti alla data analysis in ambito politico, fino all’ingresso in un’azienda del Sud Italia capace di operare con una mentalità globale. In questa intervista ci racconta cosa significa mettere a frutto un’esperienza internazionale in un contesto che sa valorizzare il talento e l’innovazione.

Angela, com’è iniziata la tua esperienza all’estero?

Il mio percorso all’estero è iniziato durante gli studi universitari. Dopo una laurea magistrale in International Affairs, con una specializzazione in analisi comparata, ho avuto l’opportunità di partecipare a un progetto di ricerca negli Stati Uniti, promosso da un docente particolarmente attento alla formazione internazionale.

Quell’esperienza si è evoluta rapidamente in un’attività professionale di tre anni. Ho lavorato inizialmente come data analyst su base federale, occupandomi dell’analisi dei dati elettorali negli Stati Uniti, con frequenti spostamenti tra New York e Los Angeles. Successivamente, mi sono concentrata sull’analisi dei dati relativi al Congresso, in stretta interazione con il mondo politico americano. Un percorso impegnativo ma estremamente formativo, che ha consolidato la mia attitudine all’analisi e al problem solving, elementi centrali anche nel mio ruolo attuale in EMM.

Quali competenze hai sviluppato grazie a quell’esperienza?

La lezione più importante è stata, senza dubbio, il valore della diversità. Non solo quella culturale, ma anche quella legata ai percorsi professionali, sociali ed economici delle persone con cui ho lavorato. Operare in un ambiente così eterogeneo mi ha spinta ad allenare la mia flessibilità cognitiva e ad abbracciare una mentalità orientata alla soluzione dei problemi.

In contesti come quello americano, ogni sfida viene affrontata con l’idea che esistano sempre più alternative praticabili. È una cultura del “fare”, della concretezza. Questo approccio mi ha aiutata molto anche dopo il rientro in Italia, dove il contesto può essere più complesso. Avere già una struttura mentale aperta e flessibile si è rivelato un grande vantaggio.

Il ritorno in Italia è stato pianificato o dettato da esigenze personali?

Direi che è stata una scelta complessa, con una risposta che si colloca a metà tra il sì e il no.

Il “no” nasce da circostanze professionali che, a un certo punto, non erano più sostenibili. Si è reso necessario interrompere quel percorso e rientrare. È stata, in un certo senso, una pausa forzata, un momento per prendere fiato.

Il “sì”, invece, riguarda la consapevolezza con cui quella pausa è poi diventata un nuovo capitolo della mia vita: non si è trattato di un semplice rientro temporaneo, ma di una scelta consapevole che si è protratta nel tempo, per sei anni. Quindi, anche se inizialmente non era previsto un ritorno definitivo, ho scelto di restare e di costruire qualcosa di nuovo qui.

Naturalmente, ogni cambiamento comporta una rinuncia. Quando sono partita, ho lasciato indietro qualcosa. E lo stesso è accaduto tornando. Ma c’è un’immagine che mi rappresenta bene: quella della bilancia. In quel momento specifico della mia vita, la bilancia interiore pendeva verso l’Italia. E ho seguito quella direzione. Questa, semplicemente, è stata la mia verità.

Cosa ti ha colpito di EMM Systems?

Durante il colloquio in EMM Systems, una delle prime domande è stata: “Che rapporto hai con l’estero? Con gli Stati Uniti?” È stata una sorpresa trovarmi di fronte a un’azienda nel mio territorio così attenta al valore dell’esperienza internazionale.

EMM Systems mi ha colpita per la sua capacità di coniugare radicamento territoriale e vocazione globale. Non si tratta solo di operare con clienti internazionali o partecipare a progetti di ampio respiro: è un’attitudine, un linguaggio condiviso, una cultura aziendale realmente orientata all’innovazione. Qui, l’internazionalità non è un’etichetta, ma una modalità concreta di lavoro e di visione.

Consiglieresti un’esperienza all’estero ai giovani professionisti?

Assolutamente sì. Vivere e lavorare all’estero è un’opportunità irrinunciabile, sia dal punto di vista umano che professionale. Permette di formarsi, di uscire dalla propria zona di comfort e di costruire una visione più ampia del mondo.

Allo stesso tempo, credo sia importante non idealizzare l’estero come unica strada possibile. L’obiettivo dovrebbe essere quello di integrare le competenze acquisite in un percorso più ampio. Per me è stato così: l’esperienza internazionale è stata una scuola, e tornare in Italia è stato un modo per mettere in pratica tutto ciò che avevo appreso. Oggi so che anche qui è possibile lavorare in un contesto internazionale, a patto di trovare realtà capaci di offrire visione, concretezza e valore al talento. EMM Systems, per me, è esattamente questo.